La spiaggia di sera parte I
Bild/Illu/Video: Luciano Ragazzo

La spiaggia di sera parte I

Non vieni più a letto, dove potevo tenerti stretta a me. Contempli esasperatamente la bimba capricciosa in te, con gli occhi azzurri ed i capelli lunghi ed ondulati di colore castano. Il tuo viso delicato si riflette nello specchio della tua camera da letto. Prendi via quel nodo di tristezza dal tuo cuore ragazza dai capelli color castano.


Raggio di sole attende, sull’uscio di casa prima di prendere la macchina. Ora sorride gentilmente senza divertirsi, mentre io la osservo.


Mi porge la mano, sorridendo. Mi tratta con aria di insufficienza, quasi fossi un ospite del suo mondo. Non c’entro niente con questo attimo, dove mille sentimenti vuoti, senza giustificazione mi bombardano la testa con mille parole e ricordi. Come vorrei essere in un vuoto di silenzio, «sempre la stessa storia» mi dico con un sorriso finto. Dopo averla fatta salire, ci dirigiamo verso la costa, passando accanto alle due torri aragonese, entrambe molto belle, le quali raccontano la storia di un passato non tanto lontano. Mentre, lei entra in macchina con un abito elegante di colore nero. Mi dirigo verso la costa a velocità moderata, ci lasciamo trasportare dalla voce di Jim mentre canta L. A. Woman, ed ammiriamo il panorama. Dopo un po’ mi accosto scendiamo, ritroviamo il mare, i suoi odori, il suono delle onde ricordano il suono della chitarra. Ci poggiamo alla macchina e ci lasciamo rapire dalla bellezza dell’orizzonte. Dietro di noi una collina piena di aranci in fiori con un enorme casolare fatto in tufo, la pietra della zona. Sull’altro lato c’è un lido, con i suoi ombrelloni mentre, sullo sfondo le barche dei pescatori che prendono il largo. È un panorama mozzafiato che per interi attimi ci annichilisce facendoci sussurrare solo «che meraviglia». Scendiamo verso la riva, un po’ più in la ci sono le sedie del lido, ne prendo due, le porto verso la riva. Lei apre lo zaino tira fuori due teli da mare li mettiamo sulle sedie. Non sappiamo ancora cosa può succedere, i suoi occhi tristi e malinconici sembrano rivivere. L’incertezza che rendeva tutto irritante creando nervosismo si sta affievolendo, facendo tornare il sorriso. Non ho mai amato i musi lunghi, gli occhi tristi, preferisco l’armonia, la vita il sorridere al presente. Anzi, per essere onesto, la cosa che preferisco in assoluto è rimanere steso sul letto della mia camera ed ascoltare la musica dove posso raggomitolarmi coperto da un lenzuolo. Alziamo gli occhi al cielo «esprimiamo entrambi un desiderio.» A voler giudicare il mare questa sera sembra calmo, quasi affettuoso, la bassa marea la fa da padrone. Mi sembra di star sul set di un film. Mentre, lei con un respiro profondo, si alza in piedi, inizia a canticchiare «Riders on the storm» dei Doors lasciandosi trasportate dalle onde. Si schiarisce la voce, lasciando lo scialle sulla sedia. Tira fuori dalla borsa un pacco di sigarette. Ne prende una aggrottando la fronte e guarda l’orizzonte. Il silenzio di quest’attimo ci unisce attraverso i nostri respiri dai toni molto splendidi. Si dirige verso la riva a piedi nudi, ad ogni passo le sue orme emergono dalla sabbia si libera del suo vestito lasciandolo cadere sulla sabbia, si siede sulla riva. «Questa sera avrei voglia di fare l’amore qui sulla riva, sentire l’acqua che mi accarezza, e lasciare tutti i miei umori alla risacca, la custode di questa serata.» La sento, la osservo e le sorrido, stringendo gli occhi. Cerco di dominare l’agitazione. Prendo lo zainetto abbandonato sulla sabbia e tiro fuori la macchina fotografica e mi dirigo verso lei. Mi sorride con gentilezza. Mi metto lungo disteso sulle sue gambe e la fotografo, mentre l’acqua le bagna i piedi. Mi ritrovo con le sue mani premurose ad accarezzarmi il viso rilassandomi. Sono imbarazzato, sento il cuore che va a mille. Porca miseria… è bellissima.


Ha una pelle profumatissima, i suoi lineamenti sono elegantissimi, i suoi luminosissimi occhi scrutano l’obbiettivo con attenzione. Dopo qualche istante riesco a calmarmi. Lei che canticchia sempre i Doors…

Con una mano la fotografo mentre l’altra si intreccia tra le sue dita affusolate, stringendosi l’una all’altra, sento una strana sensazione, inebriante scossa. Guardo i suoi occhi, imbarazzati, sbatte in fretta le palpebre, a ritmo con il battito del suo cuore. Lo sento vibrare in tutto il corpo. La osservo e scorgo un sorriso. L’orizzonte è vasto, immenso per noi due. Davanti c’è un enorme cielo stellato scuro intorno al quale possiamo trovare il nostro amore. È dello stesso sguardo che ci siamo innamorati. Tutto il resto è appeso come se fosse un mosaico di tanti piccoli quadri disposti nella volta celeste. Tante stelle, tanti oggetti del nostro quotidiano dimenticati, tanti sogni lasciati su chissà su quale tela, tante fotografie esposte nei nostri pensieri. Gli artisti questa sera siamo noi intrecciando i nostri sguardi. «Sono belli, vivi, elevano l’ordinario a straordinario» mormora lei, per un attimo distratta dai gabbiani. Mentre giro la testa di lato e la guardo con interesse. «Mi trovi d’accordo» le dico con voce vellutata, e per qualche inspiegabile motivo lei arrossisce. A parte questa stupenda serata, il resto è il nostro film. Prendo lo zaino e tiro fuori la video camera. Lei inizia a danzare la fotografo mentre lei mi sta fissando e con una mano si accarezza le labbra. Arrossisce, la guardo mentre sbatte le palpebre, senza più sapere cosa dire. I suoi occhi parlano di dolcezza e amore.

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