La felicità
Basterebbe aprire un dizionario etimologico il quale ci dice che la felicità è un augurio, un’aspettativa, la speranza in qualcosa che dovrà realizzarsi e che in una certa misura la si potrebbe anche prevedere. Il concetto di felicità riemerge in tutti i popoli, in tutte le ere, in tutte le culture arricchendo il significato del vocabolo felicità. Ancora oggi siamo qui a chiederci cosa è la felicità, se la ricchezza materiale porta la felicità oppure se la semplicità porta la felicità. La felicità può essere condivisa oppure gelosamente custodita nella sfera privata. Nella nostra attuale modernità medievale ci siamo posti un obbiettivo, cerchiamo di trasformare ogni sogno di felicità in una realtà politica, facendo di tutto nel creare che questo si realizzi.
Ogni etnia nel corso del tempo si è ribellato al proprio dittatore nel voler creare un territorio di felicità. La costituzione americana ha un articolo il quale dichiara che la felicità è un diritto inalienabile dell’uomo. Il Giappone, cultura millenaria, dopo la disfatta della Seconda guerra mondiale, include un articolo sulla felicità.
A cosa deve corrispondere allora la felicità? Ai principi della natura, della società oppure alla religione. Per una certa categoria di persone la felicità consiste nell’adempiere ai propri doveri, senza guardare gli altri, in una compensazione nel presente. Facendo emergere il loro ego verso la società. Un’altra categoria di persone è felice sapendo che aiutando gli altri adempie ai propri doveri per una compensazione futura, in un altro mondo.
Tali temi perseguitano l’uomo sin dal primo giorno che si è posto questa domanda. Le mille ideologie, le parabole per insegnarci quello che è giusto e quello che sarebbe sbagliato. I tanti ostacoli che ci allontanano dalla felicità. Nel nostro attuale Medioevo la dimensione universale della felicità rimane un punto fondamentale, il voler trasferire il meraviglioso nel nostro immaginario diventa parte del nostro linguaggio nel nostro quotidiano, il rifiuto del piacere e la dimensione dell’angoscia, della tristezza, della solitudine. L’arte moderna segue questo linguaggio, questo ritmo di queste riflessioni e associa la felicità al detestare il bello.
La felicità dipende dalla ricchezza in sé, dalle proprie idee, dalla capacità dell’uomo di trarre soddisfazione attraverso il suo credo, il quale produce il proprio benessere.
Uno smile, un sorriso dolce ricco d’amore riesce a prosciugare uno dei tanti mari interni dell’uomo infelice, questo atteggiamento nutrirebbe la persona a potersi regalare una stella nel firmamento, accendendola ogni qualvolta lo desidera. La sua stella, la stella della felicità. Vivere una vita fatta di lamentele, di tristezze, di infelicità, non penso che faccia parete del nostro DNA, penso che sia più un qualcosa che sia emerso ed in tanti abbiamo dimenticato che vivere nella tranquillità dell’anima, nella gioia dell’amore, diventa la più grande soddisfazione. Si vive la propria verità.