Rafforzare la resilienza con l'improvvisazione ed il teatro
Tutto è nato in modo spontaneo, far sperimentare ai ragazzi giochi diversi per divertirsi. Il ricordo lasciato di questa serata, lo hanno potuto usare nel loro quotidiano con altri amici. Una delle prime cose che ho proposto loro era quello di andare nella parte alta del paese ed immergerci nell’orizzonte infinito del mare e lasciare spazio a quello che sentivano dentro. Hanno iniziato a saltare di gioia, nel vedere il mare, esprimevano le loro emozioni, i loro ricordi, i mille castelli di sabbia, l’aver ritrovato una conchiglia, raccogliere delle pietre ed altro ancora. Pertanto, in un freddo pomeriggio di dicembre, prima di Natale, il divertimento spontaneo ha cambiato le prospettive, la percezione dei ragazzi era di divertimento puro senza l’ausilio di un telefonino o altro. Fatta la prima esperienza, ho proposto loro di nominare tutto quello che vedevano. Quindi abbiamo iniziato a girare per le vie del paese dove ognuno di loro toccavano le cose che trovano, chiamandole con il proprio nome.
Ognuno individuava una macchina, il lampione, una bici, una sedia, una porta come tanti altri oggetti. Dopo una piccola pausa, ho riproposto la stessa cosa da fare, ma dovevano dare ad ogni oggetto un altro nome di fantasia. Dove la macchina diventava una nave, un aeroplano oppure il lampione diventava un albero, una stella un po’ più vicina a loro. Rinominare le cose con altri nomi stimolava la fantasia, la creatività. Come per magia, ognuno di loro immaginava ad ogni oggetto che rinominava delle scenette divertenti di gioco che proponeva agli altri del gruppo, dando vita alla loro fantasia. Ed io ero li ad osservare, questo mondo semplice fatto di giochi.
Ognuno, proponeva ed accettavano di buon grado il ruolo che gli veniva dato. Si evidenziava come la semplicità non bloccava, c’era tanta accettazione ed improvvisazione, base essenziale per la vita. Non sentivo il solito NO tipico dei ragazzi. Seguivano l’idea proposta, dicevano si con naturalezza, per tutti e quattro è stato qualcosa di grandioso una vera conquista. Voglio evidenziare, come i ragazzi nella loro spontaneità si capivano subito. Erano concentrati, attenti, ascoltavano ecco questi sono dei concetti indispensabili per ogni cosa da fare, soprattutto quando si improvvisa. Io che osservavo, vedevo i loro corpi sincronizzati con le idee, il linguaggio del corpo esprimeva le stesse cose del loro pensare. Il loro corpo evidenziava quella sana voglia di divertirsi senza essere giudicati. Nessuno di loro aveva paura di sbagliare, improvvisavano, questo rendeva facile e divertente, muoversi attraverso le idee sconosciute dell’improvvisazione. Loro davano senza rendersi conto. Si sentivano uniti, gli uni agli altri. Ad ogni scivolone del compagno/a era una festa di risate. Non c’erano ordini, istruzioni c’era solo divertimento. Oltre alla pura gioia di sentirsi, di ascoltare, di guardarsi questo era il loro divertimento improvvisato, ma era anche il mio visto che ero il loro pubblico. Uno di loro ha proposto di iniziare a suonare i campanelli alle porte e poi correre via. Qui hanno messo in evidenza di come affrontare una situazione con dei problemi imprevisti, dovevano lavorare di più come team orientato alla soluzione, in questo caso era una via di fuga. Allenavano la loro immaginazione, alla fuga creativa per non essere scoperti oppure ad una buona scusa se fossero stati scoperti. Si evidenziano nei loro dialoghi la perspicacia, la flessibilità e la spontaneità. Dovevano essere molto attenti ed uniti come una squadra. Qui c’era empatia, volontà e la capacità di lavorare insieme.
Tutto sommato era un freddo pomeriggio d’inverno prima di Natale, reso indimenticabile tra le vie del paese dei loro nonni. Quel modo di improvvisare è stato un ottimo modo per insegnare a loro che ci sono abilità nascoste dentro di loro. Soprattutto quando sono in difficoltà, possono improvvisare, hanno conosciuto, sperimentato ed imparato un altro modo per incoraggiarsi, essere premurosi, essere coraggiosi e creativi.
Quanto è stato importante insegnare loro a sognare tramite la loro consapevolezza, dando vita ai loro sogni, il loro comportamento, in quel pomeriggio, era notevolmente positivo. Il tipico vocabolario aggressivo o dispregiativo un po’ caratteristico dei ragazzi, ebbene in quel pomeriggio non era presente. Non erano limitati nelle loro idee, inoltre, integravano facilmente tra di loro, ed accettavano il comportamento dell’altro. Oggi in tanti hanno problemi di vocabolario aggressivo, sessista questo fa nascere malumori e porta spesso a scontri tra di loro seguiti da provocazioni verbali. Molti ragazzi e ragazze sono limitati, non sanno integrarsi e sono violenti.
Alcuni di loro non hanno le basi delle più semplici norme di comportamento. Come a tanti di loro diventa difficile integrarsi, accettare idee comuni, attenersi alle regole del gruppo, della vita quotidiana o della scuola. Qui una domanda nasce spontanea: a chi dovremmo attribuire le colpe? Oggi i moderni mezzi di comunicazione hanno cambiato il nostro quotidiano. Sono nate le attività passive del quotidiano di ogni ragazzo, cellulari, PC oppure davanti a delle TV sempre più enormi dove vengono proiettati dentro, tutte queste cose dominano il tempo libero dei nostri ragazzi. Facendo uso improprio di tutti questi mezzi di comunicazione i ragazzi assorbono scene di violenza, pornografia, cyber-bullismo, provocano costantemente gli insegnanti.
Mettiamo in evidenza il concetto del momento: il diritto del più forte viene riconosciuto, praticato esercitato, idolatrato come un comportamento quotidiano, risulta essere normalità! Luciano
Questi ragazzi sono carenti di un qualcosa «l’Amore della famiglia», non hanno esperienze. Essere amati dalla propria famiglia con coscienza rappresenta un’esperienza alternativa, nuova. Nell’amore della famiglia o nel rapporto sano tra insegnate e studente non deve mancare l’empatia. Credo che proprio la mancanza di empatia faccia emergere la prepotenza, la violenza. Oggigiorno, i ragazzi portano le proprie esperienze nel contesto della scuola. La mediocrità degli affetti, delle attenzioni, del non sentire il disagio, occupa i banchi di scuola. Tutto questo si traduce in interminabili interruzioni di lezione, mancanza di concentrazione. Questo loro modo di esprimersi con aggressività o altri atteggiamenti simili rappresenta la loro debolezza comportamentale. Pertanto, uno dei ruoli centrali della famiglia come anche degli educatori è la loro missione educativa. Saper dare un ruolo attivo al proprio figlio oppure al proprio alunno, i ragazzi imparano ad interagire meglio tra loro, mettendo subito in chiaro cosa può essere interessante. Inoltre, imparano la comunicazione non violenta. Dare spazio alla loro creatività, crea un approccio giocoso con una grande pluralità di argomenti indirizzando sia gli educatori (genitori, inseganti) come anche i ragazzi in una nuova direzione, l’accettazione positiva dell’idee dell’altro nell’ambito di una comunicazione positiva, costruttiva.
Quindi in un freddo pomeriggio di dicembre è stato molto bello, divertirsi, tramite delle nuove esperienze, lo stato emotivo era al massimo. Il tutto lo si potrebbe riassumere con il loro sorriso che esprimeva divertimento ed avevano imparato tanto, lo stare insieme li aveva resi agili nel dialogo e reagivano alla situazione del momento in modo celere, attingendo alla loro creatività. Il loro mondo portato in scena esprimeva la semplicità dei ragazzi senza un grande sforzo, la soddisfazione era sia fisica che mentale. Ed il gruppo ha espresso molte idee e motivazioni diversi. Questi ragazzi hanno imparato a conoscersi meglio, erano più sicuri di loro stessi. Lungo le strade del paesino imparavano a sentirsi, ad inventare storie a raccontarle. In questo pomeriggio hanno dato vita ad un gruppo.
Loro si cercano ogni volta quando ritornano al paesino dei nonni.
Quest’unione tra ragazzi ed adulti, in questo caso io, ha permesso di sperimentare insieme gli effetti di giochi, lo stare insieme, facendo acquisire molta più fiducia ad entrambi. L’interagire tra me adulto ed i ragazzi portava grande beneficio. Si costruivano dei legami, fatti di ricordi. Ognuno di loro dava il suo feedback sull’altro, ed era bello notare come interagivano con naturalezza. Si sperimentavano delle nuove prospettive ed erano sempre molto sorpresi di quanto si divertivano stando insieme e di quanto era semplice stare con l’altro. Non avrei mai pensato che potesse essere utile per Angela, Enzo, Giuditta e Matteo (nomi di fantasia) questa esperienza. Oggi, riferito a prima del covid, quando si incontrano giù al paesino, tutti insieme, ricordano ancora quell’intero pomeriggio passati insieme a divertirsi. Invece, di stare sul divano a vedere tv oppure a giocare con qualche gioco elettronico hanno trasformato un pomeriggio freddo, nel loro pomeriggio, il loro corpo era vivo nel gioco. Dall’esperienza emozionante si sono portati a casa qualcosa di nuovo, scoprivano di vedere le cose in modo diverso.
Quel freddo pomeriggio di dicembre, era diventata una serata bellissima. Dove i colori del cielo blu cobalto e le mille stelle erano la cornice di tutto questo.